Dall'adolescenza non si guarisce più col Topexan
- mesposito238
- 15 nov 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Accompagnandola a scuola le chiedo come sarà la sua giornata, immaginando che il coefficiente di difficoltà possa essere condizionato da una interrogazione, temuta o programmata, o da quella che adesso chiamano verifica e che un tempo era il compito in classe, con l'articolo sempre determinativo e la lettera C che soltanto a pronunciarla la immaginavamo maiuscola.
Arianna puntualmente risponde senza mai alcuna inflessione emotiva. Lei resterebbe imperturbabile anche se alla terza ora ci fosse il giudizio universale. Ma questa volta, con i soliti occhi indolenti appiccicati al cellulare, risponde laconica con un sorprendente "Mha, mediocre......".
Ai tempi della scuola Avanti Cristo, nella scala Mercalli, quella che sul giudizio misurava gli effetti della nostra svogliatezza scolastica, mediocre corrispondeva ad uno striminzito 5. Un voto a distanza di sicurezza da un 4 capitale e destinato, più per pietà che per onestà, a trasformarsi in 6, la panacea delle insufficienze collezionate durante l'anno, la soglia della salvezza terrena, il refugium peccatoum degli studenti scansafatiche altrimenti condannati alla sofferenza estiva.
Io con l'indolente sedicenne non ho avuto il coraggio di attualizzare il suo "mediocre" per capire cosa davvero intendesse, se fosse espressione della paura o di un'indifferenza apparentemente cronica.
Durante il percorso questa volta inverso da scuola a casa, era già successo che, affidandomi al protocollo paterno, le avessi chiesto con malcelata apprensione come fosse andata l'interrogazione e lei avesse risposto: "No, pensavo peggio...", con la consueta scia chimica di puntini che hanno inghiottito me nella sospensione piuttosto che nella certezza. Indeciso se chiedere spiegazioni su quel No, un Sí sarebbe stato decisamente meglio, o annodarmi nella proditoria diagnosi emotiva di quel "pensavo peggio".
Sono rimasto lí a chiedermi, senza il coraggio di chiederlo a lei quale fosse il suo punto di partenza e se quel magheggio lessicale nascondesse un'aspettativa tradita.
Chi conosce la trama del film già visto ha provato a rassicurarmi dicendomi che la comunicazione stitica e talvolta ostile con mia figlia durerà il tempo indefinito dell'adolescenza, la più subdola delle moderne patologie esistenziali. La nostra preistorica adolescenza si manifestava molto più banalmente in una tempesta sebacea su un territorio tormentato chiamato viso. A cancellare gli effetti della nostra adolescenza è infatti bastato il Topexan.
L'adolescenza di Arianna, ragazzina dalla pelle vellutata, appare invece aggravata da un'irritante perspicacia femminile e da una radicata convinzione della propria superiorità che tende a manifestarsi fin dal mattino nel tragitto in auto verso la scuola, esprimendosi in atteggiamenti di orgoglioso distacco o anche di ostentato disprezzo verso gli altri, a partire dall'inoffensivo padre più preteso alla comprensione piuttosto che alla ricerca di adeguati mezzi correttivi. Secondo qualche psicanalista avanzato al Maurizio Costanzo Show l'atteggiamento descritto è la naturale declinazione del figlio unico, destinato a vivere il tutto in termini assoluti piuttosto che relativi. Insomma, padre di un'unica figlia, sarei artefice del mio destino. Mi tocca attendere che la vita liberi dall'adolescenza Arianna e le ricordi che un padre non va contestato incondizionatamente, ma amato perdutamente. Chissà che nel frattempo la scienza non mi regali un nuovo Topexan per guarire dall'adolescenza.....

serenità di repertorio
Bari 15 novembre 2024
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