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L'elogio della normalità

  • mesposito238
  • 21 gen
  • Tempo di lettura: 2 min

Tua moglie che la mattina ti bacia prima di andare a lavorare. Tu che resti sotto la doccia con gli occhi chiusi e le sue labbra appoggiate appena, per un attimo, sulle tue. Il cane che annusa avidamente ogni centimetro di marciapiede, rendendo infinita la passeggiata del mattino. Tua figlia che in auto fissa il nulla e avvicinandosi a scuola ripete latino. Tra un genitivo e un ablativo ti implora di rallentare. Il citofono che suonando prima del previsto straccia l’attesa della sera e rivela che la mamma finalmente è tornata. Il cane seduto composto davanti alla porta come se per tutto il giorno altro non aspettasse che quella porta si aprisse.

Tutto questo si chiama normalità.

Sei fortunato senza sapere quanto, quando si ripete tale e quale tutti i giorni. Spesso dimentichiamo quanto la normalità sia fragile e straordinaria semplicemente perché ci appartiene.

Perché a tenerci in piedi, in equilibrio sul filo della vita, è la disinvoltura dell’incoscienza. Pensiamo che ciò che accade ogni giorno possa ripetersi tutti i giorni e quasi ce ne rammarichiamo.

Accade, è accaduto, di percepire addirittura noiosa la costanza del tempo che viviamo. Desideriamo a bassa voce che qualcosa succeda perché la normalità ci rende irrequieti, insoddisfatti. Confidiamo a nessuno che qualcosa ci manca perché in fondo non sappiamo cosa. Annaspiamo lontano dal pensiero consistente che abbiamo già tutto e lasciamo che ci rubino la consapevolezza che la nostra vita è semplicemente bella così com’è.  

Per noia mettiamo il naso nelle vite altrui e annusiamo il benessere che vorremmo avere. L’auto, il lavoro, la casa altrui, talvolta anche la moglie che scorgiamo sempre più allegra e disinvolta. Invidiamo i sorrisi che non conosciamo, la realizzazione che soltanto immaginiamo, quella serenità che appare senza la certezza che ci sia per davvero. Questa insofferenza adolescenziale finisce per allontanarci giorno dopo giorno dalla nostra normalità, quella che avremmo dovuto apprezzare e custodire.

Soffriamo perché desideriamo troppo. Soffriamo perché ciò che abbiamo non è abbastanza. Soffriamo perché confondiamo la felicità con la serenità. Soffriamo perché vorremmo essere sempre altro e altrove.

Penso che la vita sia banalmente una questione di punti di vista, bella o brutta, fortunata o sfortunata, giusta o ingiusta, a seconda di come la guardiamo. Desideriamo cambiare la vita quando basterebbe cambiare gli occhi con cui la osserviamo e la giudichiamo. Ciò che è intorno a noi non lo possiamo controllare. Viceversa possiamo controllare noi stessi, il nostro sguardo e governare l’unico cambiamento che ci possa rendere migliori, il nostro.

Ho atteso di morire per rinascere. Non l’ho atteso, ma è accaduto.

Il destino mi ha dato in cambio l’occasione per imparare ad apprezzare ogni attimo della mia bellissima normalità.

Tutti meritiamo di rinascere. Senza necessariamente aspettare di morire.  


Bari 21 gennaio 2025


 
 
 

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