Pastapatateèpprovola
- mesposito238
- 10 gen
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 11 gen
“Jamme bell’, iàààààà.....!”
Con il dittongo “ià” trascinato indolente fino alle pendici del Vesuvio.
L’onomatopeica e più famosa esortazione napoletana sintetizza perfettamente l’indole di un popolo che sembra rivelare una irrimediabile e sciatta vocazione all’approssimazione. Una cantilena neomelodica che invita il dubbioso prossimo ad accontentarsi e a farlo anche velocemente.
Se la meta pretesa da moglie e figlia è Napoli, pensi che le sole 48 ore a disposizione siano poche. Scopri invece che sono abbastanza. Taci la sgradevole sensazione che siano state pure troppe.
Tra Capodanno e l’Epifania in Via Toledo, Piazza del Plebiscito e Spaccanapoli i turisti mischiati ai napoletani sembravano formiche intorno ad una mollica di pane. Io con loro impazzito e impanato in una moltitudine impossibile da censire. Coatto ho annusato un’euforia unta dall’olio indigesto dei fritti stipati nei "cuoppi", comprati sulla strada e serviti in una cesta impagliata che scendeva dal primo piano appesa ad una corda guidata da una mano senza volto.
Un antesignano McDrive partenopeo.
Ostaggio dell’euforico branco sono stato trascinato senza poter camminare nel groviglio di vicoli che profumavano di ammoniaca e puzzavano di soffritto di maiale.
Ancora una volta. L’ennesima a Napoli né per colpa, né per scelta che fosse mia.
Perché a causa di un atavico algoritmo sportivo ho sempre avuto un atteggiamento niente affatto benevolo nei confronti dei napoletani. Direi compassionevole. Convinto che fossero gabbamondi piuttosto che istrioni. Ridondanti piuttosto che festaioli. Per fama non per certezza.
E ahimè, lo scotto del pregiudizio l’ho pagato fin dalla nascita, ritrovandomi accanto al nome il cognome Esposito. Denominazione di origine incontrollata. Colpa infatti mai perdonata all’incolpevole nonno trovatello calabrese. Posso dire che il mio penoso contrappasso sia iniziato all’anagrafe.
Ma sul percorso accidentato della vita sovente sono inciampato in qualche altro napoletano.
Talvolta per scelta. Talvolta per caso.
Simona è nata a Napoli senza riuscire a darmi e a darsi una spiegazione che la giustificasse.
“Di passaggio sull’autostrada” ma mi chiedo perché i genitori di mia moglie non abbiano scelto un imparziale Autogrill.
Ma la dispettosa sorte ha continuato a mettere altri napoletani su ogni podio dei “miei preferiti”.
Oltre ad una donna, appunto mia moglie, anche un attore, un regista, un cantante, un musicista, uno scrittore e un filosofo. Tanti a cui sarebbe bastato anche poco per essere comunque i migliori. Perfino Pulcinella si è fatto preferire ad Arlecchino. Anche il mio adorato testimone di nozze era e continua ad essere napoletano oltre che adorato.
E’ andata così.
Un destino dispettoso evidentemente pensato per smentirmi. Senza riuscirci, però.
Perché nel mio immaginario napoletano è il vicino di ombrellone che a Scalea sul polpaccio sinistro aveva tatuato un intero romanzo criminale. Pistole e madonne di inchiostro scolorito dalle consumate stagioni in una casa circondariale.
Napoletana è l’orda analfabeta che affollava il fuorilegge Castello delle Cerimonie. Dopo aver divorato soffritti e fritture, collezionando solo trigliceridi, buttava giù anche la famigerata “pastapatateèpprovola”. A seguire sei piani di torta nuziale, gli ultimi due prevedibilmente abusivi come il Castello.
Napoletano è l’omino che in acetato marchiato Buitoni e col caschetto biondo e affettato alla Nino D’Angelo mi ha inseguito nei Quartieri Spagnoli per rifilarmi ad un euro “o cournetto” e a cinque l’ultimo cd lontanamente originale di Giusy Attanasio.
Epilogo e morale di una storia che non finisce qui.
Non c’è peggior napoletano di chi non vorrebbe esserlo...

Bari 10 gennaio 2025
Caro Michele, siamo sulla stessa linea d'onda circa i pregiudizi su napoli e napoletani.. nel mio caso però tutti i pregiudizi si sono trasformato in dati di fatto 🤣